• Biblion Edizioni

Caro Presidente. Gli italiani scrivono al Quirinale (1946-1971)

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  • Autore: Teresa Bertilotti
  • Anno: 2016
  • Pagine: 409
  • Prezzo: € 18.00

Il legame tra gli italiani e il palazzo presidenziale, il Quirinale, viene spesso ribadito dai media in occasione dell’apertura gratuita dei suoi giardini, il 2 giugno, Festa della Repubblica. Tuttavia, da sempre, un legame più stretto, seppur meno visibile, esiste fra gli italiani e il Capo dello Stato: «Moltissimi sono i casi in cui – scrive Teresa Bertilotti – ci si rivolge al Presidente come padre spirituale della grande famiglia della nazione o come padre tout court o entrambi. [...]. Un rapporto “intimo” con l’autorità» (p. 60). Questa è una delle caratteristiche che emergono dalle migliaia di petizioni indirizzate ai diversi presidenti – ma anche alle loro mogli, figlie e sorelle – conservate presso l’Archivio Storico della Presidenza della Repubblica. L’Archivio, aperto alla consultazione dal 2009, ha permesso all’autrice di ripercorrere la corrispondenza e pubblicarla in Caro Presidente. Gli italiani scrivono al Quirinale (1946-1971). Il lavoro, che segue quello per il documentario Lettere al presidente realizzato con Marco Santarelli nel 2013 (menzione speciale ai Nastri d’Argento 2014), è valorizzato da una lunga introduzione nella quale vengono messi a fuoco i tratti salienti delle petizioni – oltre 17.000 – che, superato il limite di 40 anni o 70 anni imposto dai regolamenti sui dati sensibili, sono rese consultabili. Esse ricoprono l’arco di tempo che va dal 1946 al 1971, da Enrico De Nicola a Giuseppe Saragat: «Siamo di fronte ad un’unità archivistica che raccoglie sì un’unica tipologia di documenti – sottolinea la studiosa –, ma questi sono molto differenziati» (p. 37). Da qui la necessità di dividere il volume in capitoli tematici. Il libro si apre con le lettere che fanno riferimento alla guerra da poco conclusa o inviate dal “mondo dei reduci”, che riflettono quindi un’Italia ferita e in condizioni socio-economiche precarie, e si chiude con quelle che testimoniano l’ingegno degli italiani di fronte a varie difficoltà. Altri capitoli raccolgono rispettivamente le lettere riguardanti la questione abitativa, scritte per ottenere una casa dopo la guerra o dopo il terremoto di Messina o per denunciare i danni dovuti alla speculazione edilizia o le difficoltà dei trasferimenti verso le città industriali del nord; le lettere di alcuni cittadini che scrivono per ottenere un lavoro si appellano a possibili raccomandazioni da attivare a livello locale: «Da questo punto di vista le istanze riflettono il passaggio dal patronage dei notabili al moderno clientelismo basato sul partito politico di massa» (p. 169). Presenti nel volume anche le voci di numerosi emigrati italiani e delle loro associazioni all’estero che propongono soluzioni ai più vari problemi sofferti dal Paese. Antiparlamentarismo e antipolitica sono, invece, centrali nell’orientamento di molti italiani che considerano criticamente partiti e uomini politici. Non di secondaria importanza le lettere riunite nel capitolo Tempi moderni che, oltre mettere a fuoco alcune delle diffuse preoccupazioni riguardo i nuovi consumi culturali, dedica particolare attenzione alle reazioni di fronte alla legge che, il 1° dicembre 1969, introduce il divorzio. Teresa Bertilotti, attraverso una accurata ricerca d’archivio e una equilibrata e originale interpretazione, restituisce quindi voce a un’eterogeneità di mittenti: bambini e bambine, giovani e adulti, contadini, operai, casalinghe, artisti e anche inventori. Anche in questi casi, sono molte le petizioni che si rivolgono alle first ladies: il loro ruolo di interlocutrici degli italiani e delle italiane rimane costante, tanto che la loro presenza nella trattazione delle petizioni viene istituzionalizzata. Talvolta a rivolgersi alle first ladies sono i parroci che, dando voce alla propria comunità, chiedono sussidi o un lavoro; molte altre volte sono le donne a scrivere, spesso madri: privilegiata è una comunicazione tutta al femminile che rimanda alla persuasiva simbologia del materno ampiamente condivisa e radicata in Italia. È questo il caso di una donna romana, la quale scrive a nome di ventuno famiglie che temono di rimanere senza tetto a causa dell’abbattimento del loro stabile per il sorgere di una nuova strada: «Ci rivolgiamo a Lei, che, quasi mamma di tutto il Popolo Italiano, ha alleviato, e continua a farlo, molte sofferenze delle classi lavoratrici. Mi rivolgo a Lei, e siamo tutti sicuri che non saremo delusi nella nostra aspettativa, ma avremo presto un segno tangibile della sua materna sollecitudine» (p. 52). Le istanze di coloro che esprimono preoccupazioni, problemi, solidarietà, inviano doni, richiedono una fotografia, “sfogano il cuore” – spesso in nome dei doveri adempiuti come cittadini e cittadine nei 148 

 

confronti della Patria o in cambio di una preghiera – restituiscono l’eco delle trasformazioni che attraversano il Paese dalla nascita della Repubblica agli anni Settanta: «La storia e i cambiamenti che stanno investendo la società sono declinati sul piano soggettivo» (p. 42). L’autrice però, sulla base delle relazioni sulle istanze stilate dai Segretari Generali alla fine di ogni settennato, non limita la ricerca a questo piano di analisi: oltre a offrire un’accurata fotografia dell’Italia e delle esperienze delle Italiane e degli Italiani, offre uno studio approfondito sulla storia delle istituzioni preposte ad accogliere la corrispondenza. Infatti, l’enorme mole di petizioni giunte nel corso degli anni ai Presidenti della Repubblica – fino ad ora si è inventariato solo il 3% delle istanze inviate a Gronchi e il 4% di quelle ricevute da Segni – ha richiesto una continua organizzazione degli uffici. Se Luigi Einaudi pose le basi per gestire le attività del Segretariato Generale, esso fu innovato da Giovanni Gronchi – sotto il quale si raggiunse il massimo afflusso di petizioni – che riordinò il Servizio Segreteria in due uffici: l’Ufficio Carteggi e l’Ufficio beneficenza. Ulteriori sviluppi si ebbero negli anni successivi, fino al 1980 quando, con Sandro Pertini, la segreteria presidenziale cessò di esistere e la competenza sulle istanze passò all’Ufficio solidarietà sociale, istituito all’interno del Servizio cerimoniale e rappresentanza. Le modalità per operare furono modificate ancora con Cossiga, Scalfaro e Ciampi. Questi numerosi interventi indicano l’attenzione e l’interesse prestato dal Quirinale alle petizioni: «Anche dal punto di vista della storia istituzionale se guardiamo alla riorganizzazione degli uffici preposti alle istanze, emerge come una sempre maggiore attenzione a quanto richiesto dai cittadini contraddistingua l’operato dei presidenti» (p. 6). 

Caterina Breda